Il primo testo di questa “Liturgia della parola” (cui ha partecipato, in costume, il coro Jubilate diretto dal Maestro Paolo Alli), letto da Carla Marinoni, ha preso spunto dalle parole del profeta Geremia, invitato dal Signore ad acquistare un campo, ad Anatòt, proprio quando allora tutti si davano da fare per alienare i propri beni.
Il secondo, letto da Alessio Francesco Palmieri Marinoni, viene invece dall’Apocalisse di San Giovanni, in cui l’apostolo cita la voce potente di Dio che dice “Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città”.
Due testi sapienziali profondi, qui oltremodo sintetizzati, che nella sua omelia Monsignore ha calato nella quotidianità dell’emergenza sanitaria generata dalla pandemia, rivolgendo al Gran Maestro – dopo i rituali giuramenti, dello stesso Gran Maestro e dei Capitani – l’invito a non dimenticare il bene di tutti e in particolare l’aiuto ai più poveri.
Perché, come scritto nel Vangelo secondo Matteo “Il Signore Gesù diceva alle folle: Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.”
Parabola che ha permesso a Monsignor Cairati di ribadire l’importanza di costruire qualcosa di solido e duraturo, a partire “dalla socialità che noi auspichiamo, la relazionalità che ci rende umani”. E ha proseguito invitando il Gran Maestro “A essere forte, a essere creativo, a dare speranza, a unirsi al coro di tutti quelli che vogliono far rivivere la città nel lavoro, nella socialità, nella dimensione religiosa”.
Dunque la raccomandazione a ispirarsi, a portare avanti “Speranza, creatività, ottimismo”.
Temi ripresi da Raffaele Bonito nel suo discorso, tenuto subito dopo la cerimonia religiosa – nell’incontro conviviale tenuto nel salone della Famiglia Legnanese – che è possibile leggere integralmente qui.